Tradizione antica e cultura religiosa: la Pasqua a Cagliari è un susseguirsi di riti, che richiamano ad una storia ancestrale e misteriosa.
La Pasqua in Sardegna è sempre stata una delle festività religiose più importanti. Lo si capisce anche dal suo nome, Sa Pasca Manna (Pasqua Grande), che la differenzia dalle altre, un po’ meno importanti, come Sa Paschiscedda (letteralmente Pasqua piccola) che, invece, identifica il Natale.
Una festa particolarmente cara alla Sardegna e al suo capoluogo, Cagliari, che la rivive ogni anno attraverso riti antichi che prendono vita nei quartieri della città. Processioni e manifestazioni che coinvolgono tanti fedeli e tanti turisti, affascinati da questi momenti solenni.
Tanto tempo fa erano le campane, la sera del Martedì Grasso, con S’Arretiru, a decretare l'inizio del periodo di astinenze e la fine del Carnevale. Tutti, adulti e bambini, si immergevano in un periodo di austerità. I bimbi, per contare i giorni che mancavano alla fine dei digiuni, usavano Sa Pipia de Carèsima, una bambola di pezza, di carta o di pane, che svolgeva la funzione di calendario. Veniva realizzata dai piccoli il mercoledì delle ceneri. La sua particolarità stava nel fatto che aveva sette gambe, che venivano staccate ogni domenica di quaresima. E il giorno di Pasqua, per cancellare simbolicamente il periodo di austerità che era appena terminato, veniva bruciata.
E' durante La Settimana Santa che si concentrano le manifestazioni, dove folklore e tradizione religiosa si incontrano. Cerimonie ancestrali, retaggio di una storica dominazione spagnola che, ancora oggi, vestono le vie del centro storico di Cagliari, per preparalo ad una serie di riti, che rivivono i momenti più significativi della passione di Cristo. I custodi dei festeggiamenti sono le antiche confraternite della città, che risiedono nei diversi quartieri storici ed è qui che si svolgono i tradizionali cerimoniali.
La settimana Santa inizia ufficialmente con la Processione dei Misteri, Is Misterius in sardo, che si tiene il venerdì precedente la Domenica Delle Palme. E’ organizzata dall'Arciconfraternita del Santissimo Crocefisso. Sette simulacri, opere dell'artista sardo Giuseppe Antonio Lonis, vengono accompagnati nelle sette chiese del centro storico, le stazioni della via Crucis, intonando un suggestivo canto polifonico, che rappresenta il dialogo tra Dio e i suoi fedeli.
Il Mercoledì Santo è, invece, dedicato alla Vestizione, dove le consorelle del Santissimo Crocifisso vestono a lutto la Madonna Addolorata. Successivamente, il Giovedì Santo, viene inchiodato alla croce il simulacro del Cristo. Questi riti vengono seguiti dall'adorazione di Gesù e dalla processione delle donne, che portano in chiesa Is Nenneris, grano fatto germogliare al buio, che rappresenta la morte e la resurrezione.
Il momento più importante per i fedeli si celebra il Venerdì Santo. Il Cristo è accompagnato in processione, seguito dalla Madonna Addolorata. Il corteo ricalca da sempre un preciso rituale ed è accompagnato da dei canti tradizionali e suono di tamburi, che ne scandiscono la solennità.
Il Sabato Santo, avviene Su Scarvamanetu, la deposizione dalla Croce del Cristo morto, che viene adagiato su una lettiga rivestita di veli e pizzi.
Finalmente la domenica di Pasqua si celebra il momento più felice della Settimana Santa: S’Incontru, ovvero il ricongiungimento delle processioni con i simulacri del Cristo e della Madonna. Le statue, provenienti da direzioni opposte, si incontrano in un momento solenne. Si salutano con un triplice inchino tra gli applausi della folla, si affiancano e insieme entrano in Chiesa, dove sarà celebrata la messa.